Messina, un parco museo nel forte cinquecentesco Il progetto bloccato: da 16 anni si attende il collaudo

Complice pure l’incoronazione di Montalbano Elicona a borgo dei borghi, l’intera provincia di Messina riscopre le proprie bellezze e la propria vocazione turistica. Una strada, quella che porta alla valorizzazione del patrimonio paesaggistico, artistico e culturale, resa tuttavia impervia dalle inefficienze della burocrazia. Capace di rimandare il collaudo di un rinomato forte cinquecentesco, con ripercussioni sulla relativa riqualificazione, per 16 anni. 

Teatro di questo caso di straordinaria lentezza, il capoluogo peloritano. Qui, all’amministrazione municipale è stato donato un progetto dal valore di 15 milioni di euro, già inserito nel piano triennale delle opere pubbliche, da finanziare con i fondi strutturali europei 2014-2020. L’unico inghippo è che, senza il collaudo, atteso dal lontano febbraio del 1999, la concessione non potrà essere rispolverata, rischiando di comprometterne ogni ambizione.

I fatti sono emersi nel corso di un’audizione in commissione Cultura e Identità di palazzo Zanca, lo scorso 2 aprile. All’ordine del giorno, anche un altro disegno, quello relativo alla costituzione del Parco dei forti. Nell’occasione, sono stati ascoltati Michaela Stagno d’Alcontres, vice presente nazionale dell’Istituto italiano dei castelli; Franz Riccobono, presidente dell’associazione Amici del museo; l’architetto Antonio Galeano. Scopo, approfondire il progetto relativo alla tutela e alla valorizzazione del sistema difensivo dello Stretto di Messina, redatto a cura delle due associazioni e dello studio tecnico Antonino Galeano Architetti.

«Il progetto di prefattibilità ambientale redatto ai sensi dell’articolo 21 del Dpr 554 del 21 dicembre 1999 – spiega Piero Adamo, presidente della commissione – si articola su due linee di intervento: la realizzazione del Parco museo di Castel Gonzaga e la realizzazione del Parco dei forti dello Stretto di Messina». Il primo, inserito nel piano triennale delle opere pubbliche, è stato donato al Comune il 29 aprile 2009. Il secondo, nel gennaio 2014.

A rivelare la paralisi burocratica è l’analisi della proposta di restauro conservativo e adeguamento funzionale a museo concernente Forte Gonzaga, uno dei beni architettonici cinquecenteschi più importanti della città dello Stretto: «L’obiettivo – prosegue Adamo – è la creazione di un parco museo nell’area di Castel Gonzaga, con l’istituzione di un museo civico della città di Messina, e di un centro servizi a impatto visuale zero, dotato di parcheggio coperto, centro accoglienza turistica e area congressuale, area ristoro, foresteria, aree espositive e di un area a verde ambientale, finalizzata alla valorizzazione e preservazione di uno dei polmoni verdi più significativi ai margini del centro urbano».

Il manufatto rientra nel demanio regionale ed è stato concesso al Comune di Messina il 14 dicembre 1974, per fini di pubblica utilità. Nell’aprile del 1992, è stato affidato alla locale soprintendenza ai Beni culturali per eseguire lavori di ripristino, restauro e consolidamento al termine dei quali sarebbe dovuto tornare al concessionario. «Gli interventi – fa presente il consigliere comunale di SìAmo Messina – risultano essere stati ultimati nel febbraio del 1999, ma da allora si attende il completamento della procedura di collaudo, evidentemente rimasta imbrigliata nelle pastoie burocratiche».

La commissione – che ha deciso, nel sostenere l’iniziativa, di attivarsi per un iter amministrativo efficace – ha deciso di invitare il soprintendente, Rocco Scimone, in vista della prossima seduta, il 9 aprile, per approfondire la vicenda e chiedere il massimo sforzo affinché si definisca anche formalmente il collaudo. «Cosicché il bene – conclude Adamo – possa tornare nella disponibilità del Comune che, conseguentemente, potrà attivarsi per attingere alle ingenti risorse comunitarie Pon che saranno messe a bando nei prossimi mesi. Il progetto ha un costo stimato di circa 15 milioni. Per realizzarlo, non può prescindersi dai fondi europei di prossima emissione il cui plafond è notevolissimo. Il primo passaggio è, quindi, il collaudo».  


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